Franco Antonicelli (1902-1974) è stato un uomo di cultura dai molteplici interessi. Nato a Voghera, trascorre l’infanzia in Puglia. Poi si trasferisce con la famiglia a Torino, dove frequenta il liceo classico Massimo D’Azeglio, allievo di Augusto Monti, e poi si laurea in Lettere e in Giurisprudenza con Gioele Solari. Antifascista, nel 1929 viene imprigionato per aver firmato una lettera in solidarietà a Benedetto Croce, di cui resterà amico per tutta la vita. Nel 1935 una retata della polizia fascista colpisce anzitutto il gruppo di «Giustizia e libertà», ma vengono arrestati anche Vittorio Foa, Giulio Einaudi, Cesare Pavese, Norberto Bobbio e lo stesso Antonicelli, condannato a tre anni di confino ad Agropoli. Nel frattempo diventa insegnante di lettere, precettore del piccolo Gianni Agnelli, giornalista, editore indipendente.
L’impegno antifascista si intensifica a partire del 1943 e alla Liberazione Antonicelli è Presidente del CLN piemontese. Torna quindi alle sue molteplici attività: giornalista (fonda il quotidiano liberale «L’Opinione» e collabora con «La Stampa»), editore (nel 1947 pubblica con la sua De Silva Se questo è un uomo di Primo Levi), critico letterario, poeta, autore di teatro, dirigente RAI e presidente dell’Unione Culturale. Attento guardiano della memoria antifascista, nel 1968 viene eletto come indipendente nelle liste del partito comunista al Senato, dove si occuperà anzitutto di diritti, cultura e università. Alla sua morte alcuni tra i suoi amici più cari lo ricorderanno così: per Alessandro Galante Garrone fu un uomo «inesorabile: aggettivo che assumeva in lui un forte timbro morale. Per Bobbio «un letterato colto e raffinato, uno scrittore elegante, suasivo, affascinante, signore del gesto, del ritmo e del discorso, della precisione dell’eloquio».