Qualcuno ha detto liberazioni?

Hanno appena  preso il via le iniziative del nuovo ciclo di Liberazioni. Nelle prossime settimane passeranno dall’Uc gente del calibro di Luc Boltanski e Nancy Fraser. Ed è solo l’inizio. Per l’occasione il collettivo di lavoro culturale anonimo Lokomotiv Kafka ci ha fatto pervenire il seguente comunicato che pubblichiamo volentieri.

A quanto mi venne poi raccontato, devo aver fatto eccezionalmente poco rumore, e se ne dedusse che o sarei presto morto oppure, se fossi riuscito a superare il primo periodo critico, sarebbe stato molto facile ammaestrarmi. Superai quel periodo. Cupi singhiozzi, penose cacce alle pulci, stanche leccate a una noce di cocco, colpi con la testa alla parete della cassa, il mostrare la lingua a chi mi si avvicinava; ecco le prime occupazioni della mia nuova vita. Ma in tutto questo predominava soltanto una sensazione: non c’è scampo. Naturalmente oggi  posso solo rappresentare con parole umane e quindi con poca esattezza quel che allora provai come scimmia, ma anche se non raggiungerò l’antica verità, valida per una scimmia, almeno la mia descrizione è orientata nel senso giusto, non c’è dubbio.

Sino allora avevo avuto sempre tante vie d’uscita, ed ora più neanche una. M’ero incagliato. Se mi avessero inchiodato al suolo, la mia libertà di movimento non sarebbe diminuita ancora. Perché? Anche a grattarsi a sangue le dita dei piedi, non se ne trova la ragione. Anche a stringersi contro le sbarre fino ad esser quasi tagliato in due, non se ne trova la ragione. Non avevo una via d’uscita, ma dovevo procurarmela, perché non avrei potuto viver senza. A star sempre contro la parete di quella cassa – sarei certamente crepato.

 

 

 

 

 

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